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Svezzamento bambino ed alimentazione Marco Verri fotografo per bambini

Svezzamento tradizionale o autosvezzamento?

Lo svezzamento è un momento delicato nella crescita di un figlio e può destare molte preoccupazioni: quando iniziare? Come farlo?

 

In genere a 6 mesi un bambino è pronto per lo svezzamento sia dal punto di vista digestivo sia da quello motorio e psicologico, ed è quindi possibile iniziare a fargli provare nuovi gusti e consistenze. Per di più a questa età il latte non è sufficiente a soddisfare i suoi fabbisogni; per questo introdurre nella sua alimentazione cibi semisolidi e solidi è fondamentale per farlo crescere in salute.

 

Il latte non deve essere abbandonato: l’allattamento (possibilmente al seno) è raccomandato fino ad almeno tutto il primo anno di vita ma ci si aspetta che, a questa età, l’alimentazione del bambino sia varia.

 

Attualmente esistono due scuole di pensiero che si contrappongono: lo svezzamento classico con schema o l’autosvezzamento.

 

Con il termine autosvezzamento si indica la cosiddetta “alimentazione complementare a richiesta

  • “a richiesta” perché è il bambino a segnalare il proprio interesse per il cibo, partecipando attivamente ai pasti dei grandi “arraffando” quello che gli capita sotto mano e che gli sembra interessante per poi portarlo alla bocca o manipolarlo, buttarlo in terra, annusarlo, spalmarselo sulla faccia, ecc.;
  • “complementare” rispetto al latte, che rimarrà alimento importante fin verso i 12 mesi ed oltre.

 

Nello svezzamento tradizionale il passaggio da un’alimentazione esclusivamente lattea ad una mista avviene gradualmente, sulla base di uno schema, partendo dagli alimenti meno allergenizzanti e più digeribili, per arrivare, al compimento dell’anno di età ad un’alimentazione libera e il più possibile varia. Negli schemi di svezzamento sono spesso riportate anche le quantità orientative degli alimenti da somministrare a ciascun pasto e l’adulto aiuta il bambino ad introdurre i cibi in bocca con il cucchiaino.

 

Nell’autosvezzamento invece è il bambino, grazie alla sua istintiva ed innata capacità di nutrirsi, a scegliere quali alimenti mangiare, a decidere quanto mangiare e a scegliere come introdurre i cibi in bocca.

 

Secondo i sostenitori dello svezzamento classico, le pappe hanno una loro ragione di esistere e gli schemi un loro razionale scientifico.

Inoltre, non tutti i genitori hanno, in fatto di alimentazione, conoscenze sufficienti per garantire una corretta alimentazione ai bambini più piccoli con il fai da te; si corre quindi il rischio di commettere errori alimentari, con conseguente inadeguato apporto di nutrienti e impatto negativo sulla crescita e sullo stato di salute generale del bambino. 

Dall’altra parte l’autosvezzamento è un modo più naturale e rispettoso di introdurre nuovi alimenti nella dieta dei bambini piccoli. Con l’alimentazione complementare a richiesta si garantisce l’armonia dei pasti in famiglia perché non ci saranno capricci da parte dei bambini che non gradiscono la pappa, né ansie da parte dei genitori perché il piccolo non ha svuotato il piatto.

Nelle famiglie di chi sostiene l’autosvezzamento si mangia più sano perché, per poter condividere il pasto anche con il più piccolo della famiglia, si tende a cucinare in modo salutare.

I bambini hanno la capacità di autoregolarsi e con l’autosvezzamento si segue questa naturale propensione, senza imporre niente.

 

Quale tra queste rappresenta la scelta migliore per il bambino e la famiglia?

 

Le scelte di genitorialità, a maggior ragione se riguardano aspetti così delicati e “naturali” come l’alimentazione, devono essere prese “ascoltandosi”, riconoscendo le proprie emozioni e ansie al riguardo, e scegliendo col buon senso e l’istinto la strada che più sentiamo nostra.

Ma…siamo sicuri che queste due modalità di svezzamento debbano essere necessariamente antitetiche e che non si possa trovare un punto di incontro?

 

Dott.ssa Alessandra Esposito – Biologa Nutrizionista
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FB: Dott.ssa Alessandra Esposito-Biologa Nutrizionista